SCIENZA E APPLICAZIONE NEL CALCIO

Introduzione

Per HIIT o HIT (si ritrovano entrambi i termini in letteratura) si intende allenamento intervallato ad alta intensità, in cui si alternano periodi brevi o lunghi ad alta intensità, intervallati da periodi di recupero. Nella sua molteplicità di forme oggi è uno dei più efficaci mezzi per il miglioramento delle capacità cardiorespiratorie e metaboliche degli atleti e quindi della perfomance (Buchheit M, Laursen PB, 2013).

In letteratura scientifica, sono presenti numerosi studi questa tematica, in continua pubblicazione. Senza dubbio la review più importante, completa e citata sull’argomento è quella di Buchheit M e Laursen PB del 2013, titolata “High-intensity interval training, solutions to the programming puzzle”, suddivisa in due parti, la prima che analizza gli effetti acuti e cronici dell’HIIT sulle caratteristiche cardiopolmonari e la seconda che si sofferma sull’aspetto anerobico e neuromuscolare, con l’esemplificazione di diverse applicazioni pratiche.


Figura 1: Review di Buchheit M e Laursen PB. (tratto da YLMSportScience, 2015)

Risposte acute e croniche all’HIIT

Nel somministrare un allenamento basato sull’allenamento intervallato ad alta intensità, occorre innanzitutto valutare le risposte fisiologiche acute al tipo di allenamento prescritto. Molti fattori determinano le risposte fisiologiche all’HIIT, tra cui, gli adattamenti a lungo termine ricercati, il profilo dell’atleta, il modello prestativo e fisiologico dello sport-specifico, la periodizzazione e soprattutto il carico metabolico e/o neuromuscolare ricercato. La comprensione di questi fattori è fondamentale per gli adattamenti fisiologici a lungo termine e i relativi miglioramenti di performance auspicati. La schematizzazione dei fattori influenti sulle risposte fisiologiche acute all’HIIT è evidenziato in figura 2.

Figura 2: Processo decisionale per la selezione del formato di HIIT in base alle risposte e allo sforzo fisiologico in acuto.

Sarà poi la reiterazione nel tempo dell’allenamento e la sua giusta periodizzazione (nelle modalità e tempi giusti) a creare gli adattamenti a lungo termine, che negli sport di squadra, come il calcio, devono essere ricercati tenendo presente la miriade di richieste metaboliche, neuromuscolari e cognitive degli allenamenti e partite. Nel calcio, non si richiede di avere un picco di performance in un momento preciso ma mantenere più costante possibile la stessa durante l’anno, evitando gli infortuni e tenendo più o meno sullo stesso livello di “forma fisica” tutti i calciatori, titolari e riserve.

Le variabili

Le variabili da manipolare per la creazione di una sessione di allenamento di HIIT sono almeno nove (Buchheit M, 2005; Buchheit M, Laursen PB, 2013). La loro manipolazione permette di ottenere risposte fisiologiche in acuto differenti (con conseguenti adattamenti a lungo termine). Gestire ogni variabile in modo isolato, ove possibile, produce un impatto diretto sulle risposte metaboliche, cardiopolmonari e neuromuscolari; mentre la manipolazione congiunta di diverse variabili genera una risposta all’allenamento meno prevedibile, per la stretta interrelazione tra le variabili (Buchheit M, Laursen PB, 2013). Le nove variabili da considerare nella prescrizione di un allenamento HIIT sono:

  • Durata della fase di lavoro;
  • Intensità della fase di lavoro;
  • Durata della fase di recupero;
  • Intensità della fase di recupero;
  • Numero di ripetizioni;
  • Numero di serie;
  • Durata del recupero tra le serie;
  • Intensità del recupero tra le serie;
  • Modalità d’esercizio.

Queste variabili sono come i pezzi di un puzzle, frammenti che uniti insieme determinano la corretta rappresentazione di una figura (nel nostro caso l’allenamento) (figura 3).

Figura 3: Il puzzle per la programmazione dell’ HIIT secondo Buchheit e Laursen (2013).

(tratto da YLMSportScience, 2015)

Prescrivere l’intensità della fase di lavoro e di recupero

L’intensità di lavoro può essere prescritta e valutata in base ai parametri di carico interno relativi alla frequenza cardiaca (%FCmax o %FCreserve), RPE (percezione dello sforzo). Altri parametri come lattato ematico e VO2 sono da considerarsi approcci più laboratoriali, quindi meno applicabili sul campo per costi e capacità di utilizzo delle apparecchiature.

Sia la frequenza cardiaca sia la percezione dello sforzo, hanno pregi e difetti, che potremmo riassumere come segue:

  • Frequenza cardiaca:
    • Pregi: valutazione diretta e abbastanza precisa del carico interno;
    • Difetti: per le esercitazioni medio – lunghe (1-2 min) e soprattutto molto corte (<30 sec) non stima adeguatamente l’intensità d’esercizio per la dissociazione temporale tra HR, VO2, lattato ematico e output di lavoro durante le sessioni di HIIT (Buchheit M, Laursen PB, 2013). E’ stato visto che diverse tipologie di sessioni di HIIT possono determinare una risposta cardiaca media simile ma con un livello di lattato ematico maggiore nelle esercitazioni generiche e velocità di corsa differenti negli small sided games (Seiler S, Sjursen JE, 2004) e quindi un carico differente.
  • RPE (Rate of Perceived Exertion)
    • Pregi: è un metodo semplice e versatile, che permette agli atleti (dopo la familiarizzazione con la scala) di autoregolare l’intensità dell’esercizio e ai coach di prescrivere l’allenamento comunicando all’atleta di mantenere un determinato valore della scala (inteso come percezione dello sforzo) durante la fase di lavoro e/o recupero (solitamente la fase di lavoro si svolge a un valore maggiore o uguale a 6 con la scala di Borg CR10);
    • Difetti: in alcuni casi potrebbe non permettere la manipolazione precisa delle variabili target per specifici adattamenti. Inoltre, alcuni studi suggeriscono che l’abilità di regolare o valutare l’intensità tramite la RPE può essere dipendente dallo stato di fitness, dall’età, dall’intensità dell’esercizio e dal gradimento dell’atleta (Groslambert A, Mahon AD, 2006; Garcin M et al., 2011; Garcin M et al., 2004; Cabanac ME, 2006).

Un’alternativa è l’esecuzione di test fisici per la prescrizione dell’allenamento. Buchheit e Laursen suggeriscono l’utilizzo del 30-15 Intermittent Fitness Test. Questo test è stato ideato per permettere all’atleta di raggiungere i valori massimi di frequenza cardiaca e VO2, provvedendo (contrariamente ai test per la VAM) a considerare la velocità di riserva anerobica (ASR), la capacità di reiterare sforzi ad alta intensità, le accelerazioni, le decelerazioni e l’abilità nei cambi di direzione. Da questo si evince come questo sia un test altamente specifico per gli sport di squadra come il calcio. Il valore del test da prendere in considerazione è la VIFT, ovvero la velocità finale raggiunta a fine test.

Un altro concetto, che ha ricevuto negli ultimi anni molto interesse da parte della comunità scientifica, è l’all-out. In termini pratici, consiste nell’effettuare sprint brevi o medi (non più di 45 secondi) alla massima velocità (o intensità) possibile. Quest’approccio permette di prescrivere l’allenamento senza test o attrezzature varie, ma richiede  un’adeguata familiarizzazione dell’atleta con il metodo ed è utilizzabile per allenamenti molto intensi (superiori al VO2max o che comunque stressino sempre al massimo l’atleta).

Invece, la fase di recupero, attiva o passiva va gestita in base all’obiettivo del training. Ad esempio, utilizzando lavori con intervalli brevi (≤ 30 secondi) è stato visto che per massimizzare il tempo trascorso al VO2max occorre svolgere un recupero attivo nel 30:30, mentre è indifferente nel 15:15 (Thevenet D et al., 2004 e 2008, Dupont G et al., 2004).

Applicazioni pratiche

Vediamo adesso alcune applicazioni pratiche dell’HIIT riferite al calcio professionistico, prendendo spunto dal mio articolo sul tema pubblicato sul Nuovo Calcio nel 2018.

Intervalli lunghi:

Durata della ripetizione: deve permettere di raggiungere il VO2max (Massimo

Consumo d’ossigeno) per ottenere la risposta fisiologica allenante. Si consiglia una durata superiore ai 2-3 minuti;

Intensità della ripetizione: maggiore al 90-95% FCmax o al 90% della VAM. In caso non si abbiano cardiofrequenzimetri si può utilizzare la scala RPE (Rate of Perceived Exertion), se i calciatori sono adeguatamente familiarizzati allo strumento e abituati al suo utilizzo, chiedendo loro di effettuare uno sforzo maggiore o uguale a 6 (Scala di Borg CR10) oppure maggiore o uguale a 15 (Scala RPE 6-20);

Modalità del recupero: recupero attivo per massimizzare gli effetti allenanti;

Durata del recupero: maggiore o uguale a 3 minuti tra le ripetizioni;

Numero delle ripetizioni: il numero minimo utile a ottenere un miglioramento utile è di 4 ripetizioni nel caso di durata del lavoro di 4 minuti (Helgerud, 2007), mentre occorre un numero maggiore di ripetizioni, se la durata è minore;

Numero delle serie: questo tipo di lavoro, prevedendo intervalli lunghi e recupero attivo, consente di effettuare 1 sola serie (o 2 in caso di durata del lavoro minore di 4 minuti) per ottenere gli effetti allenanti;

Un classico esempio pratico di questo e lavoro e il 4x4min. Questo tipo di allenamento permette il miglioramento di diversi parametri fisiologici, in particolare il VO2max (Helgerud, 2007).

Seguendo e monitorando i parametri descritti si possono ottenere risposte fisiologiche e miglioramenti di performance indipendentemente se questo lavoro è svolto a secco o con la palla, specialmente nei giovani calciatori (Impellizzeri, 2006, Hill-Haas, 2009).

Intervalli brevi:

Durata della ripetizione: maggiore uguale a 15 secondi;

Intensità della ripetizione: compresa tra il 100% e il 120% della VAM o tra l’85% e il 105% della VIFT.

Modalità del recupero: può essere attivo o passivo. Il recupero passivo, con intervallo di lavoro fisso e intenso, aumenta il contributo lattacido. Il recupero attivo massimizza il tempo trascorso al VO2max e di conseguenza ha una maggiore utilità nel ricercare adattamenti a carico del sistema aerobico.

Durata del recupero: tra le ripetizioni uguale alla durata dell’intervallo per mantenere abbastanza costante la performance, oppure inferiore alla durata dell’intervallo per aumentare l’intensità totale del lavoro e accumulare fatica (utile a creare adattamenti fisiologici nella fase di recupero dei giorni successivi). Tra le serie e utile un recupero di 4-5 minuti attivo, oppure di durata minore se passivo;

Numero delle ripetizioni e delle serie: tale da creare il giusto volume d’allenamento indicato dalle evidenze per gli sport di squadra, come il calcio, ovvero 5-7 minuti di lavoro effettivo.

Un’ idea di lavoro potrebbe essere: 2 serie di 20 ripetizioni di 10”-10” (Buccheit M., 2013);

Sprint interval training:

Durata della ripetizione: tra i 20 e i 30 secondi;

Intensità della ripetizione: all-out, ovvero massima velocità possibile in ogni intervallo;

Modalità del recupero: passivo, per mantenere abbastanza costante la performance negli sprint;

Durata del recupero: maggiore o uguale a tre volte la durata dello sprint (gestirlo sempre in base alla risposta fisiologica acuta e cronica ricercata);

Numero delle ripetizioni: 8-12 ripetizioni;

Numero delle serie: 1 serie. Basta una sola serie, vista l’elevatissima intensità in questo tipo di lavoro. Una valida alternativa potrebbe essere quella di utilizzare il metodo del fail (fallire), ovvero effettuare sprint ripetuti finché non decrementa significativamente l’intensità per 2 sprint consecutivi (ad esempio, se non si riesce più a coprire una determinata distanza predefinita), il tutto ripetuto per 2-3 serie intervallate da un recupero attivo (a ritmo molto blando) di 3-4 minuti in base al livello di performance degli atleti, o di minore durata se passivo;

Un esempio pratico potrebbe essere 8 ripetizioni di 30” all-out con un recupero passivo di 90”. Oppure con il metodo del fail, si potrebbero proporre 2 serie di 20” all-out con un recupero passivo di 2 minuti tra le ripetizioni e 2-3 minuti passivi tra le serie.

Repeated sprint training:

Durata della ripetizione: 3-10 secondi;

Intensità della ripetizione: all-out;

Modalità del recupero: attivo o passivo in base alla risposta fisiologica ricercata e agli obiettivi del training (alla stessa stregua di quanto esposto per le altre tipologie);

Durata del recupero: tra le ripetizioni compreso tra 20 secondi e 60 secondi, tenendo presente che meno recupero determina maggior tempo speso al VO2max (Dupont G.,2005, Buccheit M., 2010). Mentre tra le serie è fondamentale un recupero ampio, di 3-4 minuti se passivo o fino a 6 minuti in caso sia attivo a bassa intensità;

Numero delle ripetizioni: maggiore uguale a 6;

Numero delle serie: 2-3 serie ;

Può essere utile inserire cambi di direzione negli sprint ripetuti, tenendo presente che questo aumenta il contributo neuromuscolare.

Un suggerimento pratico potrebbe essere il seguente:

3 serie di 10 volte 5 secondi all-out con cambio di direzione a 180° (distanza circa 20 metri, quindi 10 metri + 10 metri) con recupero passivo di 25 secondi tra le ripetizioni e 3-4 minuti passivo tra le serie.

Nella programmazione e periodizzazione dell’allenamento occorre tenere presente il contributo neuromuscolare nell’HIIT, il quale aumenta prevalentemente nei seguenti casi (Buchheit M, Laursen PB, 2013):

  • Erba alta, sabbia e terreno pesante;
  • Cambi di direzione;
  • Introduzione di salti nell’ intervallo di lavoro;
  • Tecnica di corsa imperfetta.

E’ altresì fondamentale considerare l’accumulo lattacido e quindi il contributo di questo meccanismo. In linea di massima e a seconda dei casi, aumenta il contributo lattacido (Buchheit M, Laursen PB, 2013):

  • Aumentando l’intensità (prevalentemente per gli intervalli corti);
  • Diminuendo il tempo di recupero a intervallo di lavoro fisso;
  • Utilizzando recupero passivo, soprattutto nelle intensità all-out.

Concludendo, si può affermare che l’allenamento ad alta intensità è il presente e futuro della metodologia dell’allenamento nel calcio, infatti, diverse ricerche hanno dimostrato come gli adattamenti fisiologici e i miglioramenti di

performance (soprattutto numero e frequenza di azioni ad alta intensità in gara) siano rilevanti ai fini prestativi e influenzano la discriminazione tra i calciatori più performanti e quelli meno performanti (Iaia M., 2009).

Gli atleti sono come bambini: non sanno niente della vita. Sanno solo allenarsi e gareggiare. E incontrano solo altri atleti. (Emil Zátopek)

Prof. Pasquale D’Antonio

Dottore Magistrale in Scienze e Tecniche dello Sport

Dottore in Scienze Motorie

Master di I livello in Teoria e tecniche della Preparazione Atletica nel Calcio 

Preparatore Atletico Professionista FIGC abilitato

Preparatore Atletico di settore giovanile FIGC abilitato

Certified Strength and Conditioning Specialist (CSCS NSCA certified)

Istruttore di Atletica Leggera FIDAL abilitato

Esperto di Preparazione Fisica per le attività di alto livello CONI  

Preparatore atletico con esperienza nei professionisti (settore giovanile e prima squadra)

Contacts:

Mobile: +393450698779

E-mail: pasqualedantonio91@gmail.com

Pec: drpasqualedantonio@pec.it

Per chi volesse approfondire:

D’Antonio P., Hit – l’allenamento ad alta intensità, Il Nuovo Calcio, Giugno/2018;

Laursen P.,  Buchheit M., Science and Application of High-Intensity Interval Training, Human Kinetics, 2018;

Migliaccio G.M., Formula HIIT: L’allenamento intervallato ad alta intensità per sport e fitness. Basato su evidenze scientifiche, Sport Science Lab srl, 2019.