Da qualche anno ormai la buona reputazione del campionato di Serie C viene continuamente minata da fallimenti e penalizzazioni. Un segnale d’allarme per una categoria troppo spesso bistrattata ma ricca di valori e realtà che meriterebbero ben altra risonanza. A tal proposito la nostra redazione ha contattato il giornalista della Gazzetta dello Sport, Nicola Binda, il quale ha analizzato il momento delicato di questo spaccato del calcio italiano.

Il calciomercato ha da poco chiuso le proprie porte, quali sono state le squadre ad essersi rinforzate maggiormente?

“La società che più si è scatenata in fase di mercato è stata il Monza con la chiusura di ben 30 operazioni (16 arrivi e 14 partenze) frutto di una rivoluzione berlusconiana capace di dare un volto nuovo alla squadra. Altri club, invece, hanno attuato scelte più oculate con interventi mirati. Come ad esempio Piacenza e Vicenza ma soprattutto Entella e Juve Stabia grazie a colpi del calibro di Mancosu e Torromino. Ciò non significa che a gennaio tutte le squadre debbano apportare modifiche al loro assetto. Il Pordenone, infatti, non avendo bisogno di effettuare grandi cambiamenti ha rimpolpato la rosa con diversi giovani. In generale però è stato sicuramente un mercato vivace, sintomo della voglia di molte società di dar vita a progetti vincenti. Ed è sicuramente un bel segnale per una categoria che spesso balza agli onori della cronaca per vicende negative”.

L’altra faccia della medaglia sono i continui fallimenti e situazioni anomale come quella di Matera. Qual è il suo pensiero a riguardo?

“Quest’estate il commissario della FIGC ha commesso un errore ad accettare l’iscrizione al campionato di alcune società di Serie C. Mentre è stato più rigido nel valutare la situazione di diverse squadre cadette negando a tre di loro la partecipazione al torneo”.

Il semiprofessionismo potrebbe essere una soluzione?

“Considerata la sua attuale situazione economica impensabile che un Paese come l’Italia possa essere sostenuto un calcio professionistico così numeroso. Quotidianamente falliscono aziende, negozi, attività di ogni tipo ed è normale che il movimento calcio ne risenta, con un numero sempre maggiore di società in difficoltà. Uno dei problemi è la cattiva distribuzione degli introiti che invece dovrebbero essere utilizzati per sostenere i club. Quella del semiprofessionismo è una strada giusta ma difficile da percorrere perchè ciò implicherebbe la conclusione di accordi economici con lo Stato, il che e non è affatto semplice. Sarebbe un ritorno al passato ma anche una scelta saggia in questo momento. La Serie C però ha bisogno soprattutto dei diritti d’immagine. Questa è per opinione diffusa la categoria di fallimenti, penalizzazioni e brogli. Vicende che ledono la reputazione di un campionato invece pieno di valori, di calciatori di qualità, di grandi piazze che merita una vetrina importante”.

Tornando al calcio giocato, quali sono secondo lei le formazioni favorite per la promozione finale?

“Due gironi su tre credo ormai abbiano una fisionomia chiara con Pordenone a Juve Stabia saldamente al comando, capaci di superare anche lo scoglio “sosta”, ripartendo così come avevano concluso la prima parte di stagione. Mentre il girone A è ancora un cantiere aperto per via dei recuperi di diverse formazioni come Entella e la Pro Vercelli. Solo dopo potremo avere un quadro più chiaro. In linea di massima sono 5/6 le squadre che possono ambire alla testa della classifica”.

Cosa pensa, invece, della bagarre play off?

“Per i play off va fatto un discorso a parte. Da 2 anni sostengo che quella degli spareggi a 28 squadre è una formula vincente. Non vorrei trovarmi nei panni di chi li prepara ma da spettatore li trovo stupendi e molto avvincenti. Quest’anno poi con due promozioni anziché una vedremo squadre ancore più agguerrite con motivazioni maggiori rispetto agli altri anni. E dando uno sguardo alle partecipanti tra Catania, Monza, Vicenza, Pisa, Trapani, Catanzaro e le qualificate del girone A ne vedremo delle belle”.