“Quando ho finito i miei studi universitari a Milano, sono laureato in Giurisprudenza,  ho iniziato a lavorare come procuratore in Eccellenza, in serie D. Un lavoro di semina continua, di rapporti, di conoscenze, è fondamentale farsi apprezzare. Ricordo la mia prima operazione, portai alla Sanbonifacese tre calciatori”.

Valentino Viviani, procuratore campano, ha realizzato il suo sogno, quello di aver a che fare con il mondo del calcio. Dopo aver anteposto gli studi alla passione per il calcio giocato, ha deciso di tuffarsi, ormai diversi anni fa, in questa esperienza. Prima concentrandosi sulla serie D, poi estendendo anche grazie al suo socio, il suo raggio d’azione all’Eccellenza.

Dopo l’inizio, come è proseguita la tua professione?

“Con gli anni ho avuto vari calciatori, prima prediligevo la serie D all’Eccellenza, ho portato l’ex Juventus Didiba all’Ebolitana e al Troina, poi insieme al mio socio, Stefano Squitieri (ex Salernitana), che quando giocava era un mio assistito, abbiamo iniziato a collaborare. Dopo l’addio al calcio giocato, mi ha chiesto di entrare in società e abbiamo abbracciato la categoria dell’Eccellenza, un percorso in simbiosi e di crescita. Abbiamo uno splendido rapporto di stima e di amicizia, lavoriamo molto bene insieme”.

Ma oltre alle trattative con le squadre di che si deve occupare un bravo procuratore?

“Io sono avvocato, faccio firmare a ogni assistito un contratto di consulenza, intermediazione e assistenza, sia legale che sportiva, a maggiore tutela non solo nostra, ma soprattutto dei nostri assistiti. La nostra figura è una figura importante, perché la tutela dei calciatori dal punto di vista legale, burocratico, è fondamentale. I procuratori esistono anche perché esistono società che non si comportano sempre bene, ci sono giocatori che devono mantenere le proprie famiglie. Ciò non toglie che ci sono società serissime, se fosse per loro non ci sarebbe bisogno del nostro intervento”.

Specie in serie D, capita spesso di avere a che fare con realtà poco solide…

“La serie D, nonostante sia un campionato Dilettanti, è un campionato professionistico a tutti gli effetti, è un campionato nazionale, ci sono giocatori che percepiscono più soldi di tanti giocatori di serie C, è un lavoro a tutti gli effetti. C’è l’esigenza di essere tutelati, il nostro intento è di tutelare anche le società serie, siamo l’anello di congiunzione tra le due parti. Ci sono anche tanti direttori sportivi molto professionali, penso a Peppino Prete, Francesco Mennitto, ci sono tanti altri verso i quali nutro stima, come Marco Mignano, Francesco Vitaglione, Alberico Guariglia, Giovanbattista Martino, direttore del Rende in serie C, gente di campo, che conoscono la materia e sanno allestire gli organici”.

Come è nata questa passione che ti ha portato a vivere nel mondo del calcio?

“Era un sogno diventare procuratore, giocavo a calcio anche io, poi ho preferito seguire gli studi. Da ragazzino facevo il raccattapalle con la Battipagliese, ho visto giocatori come Giuseppe Mascara, Simone Loria, Langella, ho visto la serie C, insomma un po’ di calcio ad alto livello l’ho vissuto anche qui. C’è ambizione di crescita, di salire il più in alto possibile, mai accontentarsi. Purtroppo però, questo è un ambiente chiuso, ora l’esame per diventare Agente Fifa ha creato grandi difficoltà, basta vedere le statistiche per rendersi conto che nemmeno il 10% riesce a superare le due prove”.

Come valutate un potenziale assistito?

“Prima di prendere in gestione un calciatore facciamo valutazioni a 360 gradi, il discorso etico è quello primario per noi. Se l’aspetto umano è scadente, non fa a caso nostro. Si devono comportare bene nelle società, non vogliamo il campione indisciplinato. Il ruolo del procuratore è assistenza a 360 gradi, quindi vogliamo elementi dal punto di vista etico e caratteriale impeccabili. Anche perché sia chiaro, offriamo servizi al di fuori della procura, un calciatore ha avuto problemi di salute e l’ho portato personalmente dal medico, mi sono occupato personalmente di procurargli i plantare di cui aveva bisogno, ecco perché pretendiamo serietà, una vita da atleta. Fatta di sacrifici, e non parlo solo di allenamenti, ma di dieta, di evitare fumo e alcool, di andare a dormire presto la sera. Come diceva sempre un allenatore esperto come Santosuosso, ci sono giocatori di serie D che possono giocare in serie A, e giocatori di serie A che non possono giocare in serie D. Ci vuole impegno, il giusto approccio, voglia continua di migliorarsi. Cristiano Ronaldo è sempre al top anche a 34 anni, non è certo un caso. La prima cosa a cui pensa appena sveglio è fare gli addominali, una macchina, un capitale in movimento”. 

Chi sono i tuoi giocatori preferiti, ai quali avresti voluto fare la gente?

“Roberto Baggio, e Alessandro Del Piero, gli emblemi dei campioni dentro e fuori dal campo. Ma il mio idolo era Fabio Pecchia, oltre a essere un grande calciatore, studiava giurisprudenza, proprio come ho fatto io dopo. Era l’anima sfrontata del Napoli, per cui simpatizzo, ma era un calciatore che si è distinto per signorilità, eleganza. Stimo molto Guglielmo Stendardo, ha dato un segnale a tutto il mondo del calcio andando a fare l’esame di avvocato contro il parere della squadra, il calcio finisce, la vita continua. Consiglio a tutti i miei assistiti di proseguire gli studi, di crearsi alternative. Per me il miglior procuratore è quello che antepone l’interesse del calciatore ai propri”.