Negli ultimi anni si sente sempre più spesso di parlare di scienza applicata allo sport. A volte, il termine evidenza scientifica è abusato oppure utilizzato in maniera impropria, in particolare nell’ambito del calcio, terreno fertile per il proliferare di mode, tendenze e strumentazioni tecnologiche, spesso senza validazione scientifica. Questo avviene soprattutto quando un opinion-leader (o presunto tale) sponsorizza un qualcosa di ritenuto innovativo, che non è sinonimo di efficacia, ma agli occhi dei meno esperti in materia può generare stupore e ammirazione per l’innovazione (presunta). Attraverso sia fonti scientifiche, che mie interpretazioni e opinioni (è giusto ribadirlo perché scienza e opinioni non vanno d’accordo) vediamo cosa è e cosa non è la scienza, soprattutto con riferimento all’allenamento fisico del calciatore e analizziamo l’approccio all’allenamento evidence-based.

Cosa non è la scienza:
1. L’utilizzo di strumentazioni tecnologiche (es. dispositivi gps). Utilizzare un dispositivo tecnologico significa fornirsi di strumenti che il progresso scientifico ha permesso di generare, non che si sta applicando il metodo scientifico;
2. L’elaborazione di grafici statistici (spesso esteticamente belli ma poveri d’informazioni realmente applicabili);
3. La conferma delle proprie teorie con supporti scientifici dubbi o parziali. Fenomeno noto come cherry picking (scegliere solo le ciliegie ritenute migliori), ossia una fallacia logica che si esplica nel selezionare le sole prove a sostegno della propria tesi, ignorando le prove che la smentiscono. Il cherry picking può essere attuato sia in modo conscio sia inconscio, e il più comune esempio di cherry picking è il bias di conferma, cioè un fenomeno cognitivo umano per il quale le persone tendono a muoversi entro un ambito delimitato dalle loro convinzioni acquisite;
4. L’uso di opinioni altrui o di studi non pubblicati (quindi senza processi di selezione, verifica e accettazione dalla comunità scientifica di riferimento).

Figura 1: differenze tra scienza, pseudoscienza e religione (https://catallassi.wordpress.com).

Che cosa è la scienza:
Per scienza s’intende un complesso organico di conoscenze ottenuto con un processo sistematico di acquisizione delle stesse allo scopo di giungere a una descrizione precisa della realtà fattuale delle cose e delle leggi in base alle quali avvengono i fenomeni.
Le regole che governano tale processo di acquisizione di conoscenze sono generalmente conosciute come metodo scientifico. Gli elementi chiave del metodo scientifico sono l’osservazione sperimentale di un evento naturale, la formulazione di un’ipotesi generale sotto di cui questo evento si verifichi, e la possibilità di controllo dell’ipotesi mediante osservazioni successive

Figura 2: schema generale delle varie fasi del metodo scientifico. (Treccani)

Nello specifico, le scienze dello sport (Sport Science) sono discipline che studiano l’applicazione dei principi tecnici e scientifici e hanno come scopo principalmente il miglioramento del rendimento sportivo (T. Strudwick, 2016). Le scienze dello sport sono influenzate da più discipline scientifiche e si ramificano in sottodiscipline (figura 3).
Per quanto riguarda le pubblicazioni scientifiche riguardanti l’allenamento fisico nel calcio, negli ultimi anni sono notevolmente aumentate, a testimonianza del grande interesse da parte degli Sport Scientist e al crescente impatto accademico e pratico delle nuove evidenze scientifiche riferite al calcio.

Figura 3: discipline e sottodiscipline inerenti alle scienze dello sport (elaborazione FM Impellizzeri).

Ora vediamo, come la scienza può essere utile nell’allenamento fisico attraverso l’analisi dell’evidence-based practice (pratica basata sull’evidenza).

Evidence-based practice:
Come ci suggerisce Ferdinando Cereda in un interessantissimo articolo pubblicato a Marzo 2017 su Formazione & insegnamento: “Le basi metodologiche dell’EBP e la sua applicazione per le scienze motorie e sportive: l’approccio a sei livelli”, in letteratura sono state presentate tre espressioni per descrivere l’origine della conoscenza su cui si basa la pratica: experience-based practice, science-based practice ed evidence-based practice (Cook, 2004; Koukoura & Hajiioannou, 2014; Krieger, Newman, Parse, & Phillips, 1994). Queste sono riconducibili anche al modo in cui sono prese le decisioni nella metodologia dell’allenamento fisico:
1. Experience-Based Practice: le decisioni metodologiche si basano sulle competenze che si acquisiscono sul campo e quasi esclusivamente basandosi sull’esperienza pratica da allenatore, preparatore, ex-atleta o sulla mera osservazione degli altri. Quest’approccio può essere viziato da considerazioni poco obiettive, da soluzione adatte in passato ma che al momento dell’applicazione non lo sono più, da scelte utili per un contesto e non per un altro, da preconcetti e da scarsa comprensione del come, quando e perché si applica un tipo di allenamento. Tipico atteggiamento dei cosiddetti praticoni, ossia di chi esercita un mestiere, una professione, un’attività solo in virtù della pratica, senza un’adeguata preparazione teorica (www.dizionari.repubblica.it).
2. Science-Based Practice: si fa affidamento solo ed esclusivamente alle evidenze scientifiche pubblicate su riviste internazionali. La debolezza sta nel rifiuto di integrare la scienza con la pratica, l’esperienza personale e le situazioni contestuali. In questo caso possiamo parlare di scientismo, ovvero il particolare atteggiamento intellettuale di chi ritiene unico sapere valido quello delle scienze fisiche e sperimentali, e svaluta quindi ogni altra forma di sapere che non accetti i metodi propri di queste scienze (Treccani).
3. Evidence-Based Practice: approccio complementare alle due metodologie presentate, l’EBP sfrutta le conoscenze derivanti sia dalla ricerca scientifica che dall’esperienza pratica. Infatti, in un ambito in continuo e rapido sviluppo, come quello dell’esercizio fisico, non è raro imbattersi in metodologie di allenamento che non sono ancora state approfondite a sufficienza in letteratura. In questo caso, occorre fare riferimento soprattutto alla propria esperienza personale sul campo, per decidere se utilizzare o meno tale metodologia. Al contrario, se le ricerche pubblicate hanno già analizzato a fondo tale protocollo, il metodo EBP suggerisce al professionista di affidarsi a quanto suggerito dagli studi (F. Cereda, 2017).

Figura 4: diapositiva tratta dalla presentazione finale per l’esame di abilitazione a preparatore atletico professionista FIGC 2017/2018 di Pasquale D’Antonio.

Ovviamente, leggere uno studio non basta, occorre valutarlo nell’insieme attraverso l’analisi della popolazione di riferimento, il tipo di protocollo applicato, i risultati, i dati, le considerazioni statistiche e soprattutto il livello di evidenza (figura 5). Infatti, ogni studio scientifico fa parte delle tipologie indicate nella piramide delle evidenze e quindi più in alto si trova nella piramide e più è attendibile. Si va dalla massima evidenza scientifica con le revisioni della letteratura scientifica che ci indicano lo stato dell’arte su un determinato argomento agli studi sugli animali (poco attendibili).

Figura 5: la piramide delle evidenze scientifiche.

E quindi…
Quindi, solo attraverso un approccio EBP è possibile progredire e migliorare nella metodologia dell’allenamento fisico del calcio, applicando le evidenze scientifiche, mediate dalla propria esperienza e dal contesto di riferimento, senza mai farsi condizionare da mode, falsi miti oppure opinioni di pseudo – esperti.
Dunque, quando dobbiamo redigere un piano d’allenamento, potremmo fare i seguenti passaggi:
1. Identificazione delle esigenze, degli obiettivi e dei problemi;
2. Analisi della letteratura scientifica;
3. Confronto con gli Sport Scientist in caso di dubbi;
4. Confronto con i colleghi per un dibattito costruttivo;
5. Analisi della propria esperienza;
6. Analisi del contesto;
7. Analisi dei mezzi a disposizione;
8. Analisi dell’applicabilità in base alle esigenze e l’interazione con l’allenatore, che in quanto responsabile dello staff detta le linee guida.

A questo punto poi, occorre applicare il tutto e sopratutto qui possono nascere problemi (es. campo bagnato, impraticabilità, mancanza di strumenti, imprevisti, ecc.) ed è in questo momento che si concretizza la capacità di allenare, altrimenti non servirebbe la nostra figura in uno staff, basterebbe affidarsi a internet, all’amico che manda il programma, al preparatore amico dell’amico e così via.
Oggi ci s’imbatte in tanti metodi d’allenamento ritenuti innovativi, ma non c’è nessuna prova di efficacia, nessun supporto scientifico e nessuna applicabilità reale con risultati tangibili, per quanto affascinanti e belli da vedere o leggere, ma noi non andiamo a teatro, andiamo in campo, tra pressioni, esigenze, risultati, performance e giudizi finali. Quindi, meglio affidarsi alla scienza che non dà assolutamente certezze, ma sicuramente diminuisce l’incertezza.

La scienza è il capitano, e la pratica sono i soldati.
(Leonardo da Vinci)

Prof. Pasquale D’Antonio
Dottore Magistrale in Scienze e Tecniche dello Sport
Dottore in Scienze Motorie
Master di I livello in Teoria e tecniche della Preparazione Atletica nel Calcio
Preparatore Atletico Professionista FIGC abilitato
Preparatore Atletico di settore giovanile FIGC abilitato
Certified Strength and Conditioning Specialist (CSCS NSCA certified)
Istruttore di Atletica Leggera FIDAL abilitato
Esperto di Preparazione Fisica per le attività di alto livello CONI
Preparatore atletico con esperienza nei professionisti (settore giovanile e prima squadra)
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E-mail: pasqualedantonio91@gmail.com
Pec: drpasqualedantonio@pec.it