«Noi siamo con il calcio italiano e con la Serie C a un passaggio di riforma epocale. Ne siamo obbligati perché dobbiamo rimettere in sicurezza il calcio italiano. Questo ha portato ad un desiderio e ad una spinta di dare una caratterizzazione alla Serie C: con l’immagine del pulmino che aggrega ragazzini al campo sportivo facciamo due cose, insegniamo il calcio e li togliamo dalla strada, facendo presidio sul territorio. Contemporaneamente vogliamo formarli. Per reggere le sfide bisogna fare strutture e dare prospettive ai ragazzi. Ci vogliono quindi risorse. Me lo devono dire: cosa vogliamo essere? Mi chiedono spesso come facciamo a reggere in questo paese scassato: qui c’è un reticolo di professionisti sul territorio, ma vogliamo tenere questo tessuto? Vogliamo che una parte delle risorse date al Fisco, tornino alle società senza mettere un euro in tasca ma per i giovani. Con quei soldi si faranno investimenti per i giovani. Così do lavoro e metto in moto consumi. Un circuito virtuoso che si è interrotto perché? Vorrei saperlo. Ieri sera abbiamo scoperto che questo percorso non c’è più. Ci si ragioni».
Non è ancora finito il campionato, la prossima stagione rischia già di vivere nuove tensioni.